In tema di diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, la disposizione del terzo comma dell’art. 2947 c.c., che prevede, ove il fatto che ha causato il danno sia considerato dalla legge come reato, l’applicabilità all’azione civile per il risarcimento, in luogo del termine biennale stabilito dal secondo comma dello stesso articolo, di quello eventualmente più lungo previsto per detto reato, è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato come reato dalla legge, e non solo dalla persona offesa dallo stesso, ove detto danno sia conseguenza risarcibile dello stesso fatto-reato e, dunque, ad esso collegato eziologicamente anche in via mediata e indiretta, secondo il criterio della regolarità causale. La conferma arriva dalla Cassazione con ordinanza del 24 ottobre 2018, n. 26958.
PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI: | |
Conformi: | Cass. civ. sez. III, 22 gennaio 1968, n. 171
Cass. civ. sez. III, 6 settembre 1976, n. 3106 |
Difformi: | Non si rinvengono precedenti |
B.P. ha impugnato la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, che ne accoglieva il gravarne avverso la decisione del Giudice di pace della medesima Città soltanto sul capo della liquidazione delle spese di lite, confermandola quanto alla responsabilità al 50% del medesimo B.P. per il sinistro stradale del 29 settembre 2003 (allorquando, alla guida della propria bicicletta, entrava in collisione con il ciclomotore condotto da V. C. e di proprietà di L.B.), con condanna dello stesso B.P. al risarcimento, nella predetta misura del 50%, del danno non patrimoniale patito da V.C. e di quello patrimoniale patito da L.B.
Il giudice di appello ha applicato, nella specie (ossia al pregiudizio patrimoniale subito dalla proprietaria del ciclomotore danneggiato nel sinistro per cui è causa), il termine di prescrizione quinquennale di cui al terzo comma dell’art. 2947 c.c., decorrente dal giorno del sinistro (29 settembre 2003, “con la conseguenza che il diritto si sarebbe estinto per prescrizione — ove non fosse stato introdotto il giudizio di primo grado — in data 29 settembre 2008”).
Il Tribunale, tuttavia, ha equivocato la portata del precedente giurisprudenziale su cui ha fondato la decisione.
La risalente e consolidata giurisprudenza di legittimità affermava che, quando da uno stesso fatto (nella specie, collisione di veicoli) derivino due eventi, di cui uno costituisca illecito penale e l’altro illecito civile, il più lungo termine di prescrizione stabilito dall’art. 2947, comma 3, c.c.per il fatto considerato dalla legge come reato non è applicabile anche al risarcimento del danno derivante dall’illecito civile, il cui diritto è diverso e autonomo rispetto a quello derivante dal reato. Tale principio opera, però, solo quando i predetti eventi dannosi riguardino soggetti diversi, mentre nell’ipotesi di danni (nella specie, alla persona ed alle cose) subiti contemporaneamente da uno stesso soggetto si applica l’unico (più lungo) termine di prescrizione, giacché la coincidenza degli interessi lesi in un solo soggetto determina la compromissione di una unica sfera giuridica, con conseguenze dannose tutte ad essa riferibili, alle quali corrisponde il diritto, unico penale pendente, al fine di evitare la prescrizione, e, soprattutto, per la possibilità della costituzione di parte civile nel processo penale, dove la pretesa di risarcimento inerente all’illecito civile non si presenta con carattere di autonomia rispetto a quella di risarcimento del danno specifico derivante dal fatto costituente reato.
Si è, poi, affermato che, in tema di diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, la disposizione del terzo comma dell’art. 2947 c.c., che prevede, ove il fatto che ha causato il danno sia considerato dalla legge come reato, l’applicabilità all’azione civile per il risarcimento, in luogo del termine biennale stabilito dal secondo comma dello stesso articolo, di quello eventualmente più lungo previsto per detto reato, è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato come reato dalla legge, e non solo dalla persona offesa dallo stesso.
In particolare, il fatto illecito generatore del danno, ove sia considerato dalla legge come reato, conserva detta natura anche se il soggetto danneggiato non sia la persona offesa da questo. In questo caso, poiché il fatto che ha causato il danno risarcibile è considerato dalla legge come reato, ai fini prescrizionali si applica la disciplina prevista dal terzo comma dell’art. 2947 c.c.e non dai primi due commi dello stesso articolo. In altri termini, la predetta norma di cui all’art. 2947, comma 3, c.c., è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato dalla legge come reato e non solo dalla persona offesa dallo stesso.
Per rendere più chiaro il principio, è stato puntualizzato che il proprietario dell’auto su cui viaggiava il danneggiato (se diverso da questi), non ha subito un danno (conseguenza) dal reato (evento) di lesioni, ma solo un “danneggiamento colposo” dell’auto, che non costituendo reato comporta che il diritto al risarcimento si prescrive in due anni. Diversamente, il datore di lavoro del danneggiato, che ha corrisposto la retribuzione a questi durante il tempo dell’invalidità temporanea, ha subito un danno-conseguenza patrimoniale dall’evento di lesioni colpose (reato), subito dal lavoratore dipendente, con la conseguenza che il termine prescrizionale del diritto al risarcimento è quello di cui all’art. 2947, comma 3, c.c. Se il datore di lavoro è anche proprietario dell’auto, sommandosi nello stesso soggetto sia la qualità di danneggiato dal fatto di reato che di danneggiato da illecito esclusivamente civile, in applicazione dello stesso principio che attiene all’offeso dal reato, potrà avvalersi del più lungo termine prescrizionale di cui all’art. 2947, comma 3, c.c.
Esito del ricorso:
Cassa la sentenza n. 1014/2016 del Tribunale di Civitavecchia depositata il 22 settembre 2016 e decide nel merito
Riferimenti normativi